L’idea di base del progetto è lo studio e l’applicazione della fermentazione lattica come tecnologia innovativa di valorizzazione, mediante la quale sottoprodotti e scarti dell’industria agro-alimentare vengono reintrodotti nella filiera con un potenziale aggiunto. La fermentazione è una tecnologia millenaria, che ha avuto e tuttora possiede un ruolo chiave nelle produzioni alimentari. Storicamente applicata in maniera “spontanea” ed incontrollata ad alcune produzioni alimentari, al giorno d’oggi viene usata per la trasformazione di materie prime in prodotti con un alto valore intrinseco (pane, vino, formaggi, etc.), ma anche in processi industriali che portano alla produzione, ad esempio, di polimeri plastici biodegradabili, biogas, molecole di interesse chimico e farmaceutico. La nostra idea è di sottoporre scarti e sottoprodotti di origine vegetale a fermentazione, sfruttando le capacità metaboliche dei batteri lattici. Questi microrganismi sono di provenienza alimentare, e quindi sicuri per l’ambiente e per l’uomo, e possono essere impiegati per ottenere un duplice effetto sulle matrici vegetali: 1) miglioramento delle qualità nutrizionali degli scarti vegetali sottoposti a fermentazione lattica, quantificabile come aumento di alcuni importanti nutrienti con la contemporanea riduzione di alcuni composti anti-nutrienti, come i fitati; 2) impiego delle cellule microbiche come “fabbriche cellulari” che, attraverso la fermentazione di un substrato di basso valore come gli scarti ortofrutticoli, può portare alla sintesi di prodotti dall’alto valore aggiunto, utilizzando un approccio “green-label”. In particolare, attraverso la fermentazione è possibile ottenere aromi naturali per l’industria alimentare, polifenoli per l’industria nutraceutica, sia attraverso una sintesi ex-novo che tramite modificazione dei composti naturalmente presenti nel substrato, molecole antimicrobiche di origine naturale e acido lattico per l’industria chimica e dei polimeri.

Siamo Annalisa Ricci, Alessia Levante e Marco Spaggiari, tre giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell’Università di Parma, e proveniamo da due diversi gruppi di ricerca, che si occupano di microbiologia e di chimica degli alimenti. Negli ultimi anni abbiamo scelto di collaborare per un obiettivo comune: la ricerca scientifica per una filiera agro-alimentare resiliente, solida ed integra. In particolare, i nostri ambiti di ricerca riguardano la fermentazione in stato solido di scarti vegetali, la fisiologia microbica e l’analisi molecolare degli alimenti. Pensiamo che l’utilizzo innovativo di una tecnologia millenaria come la fermentazione lattica possa avere un enorme impatto sulla valorizzazione di scarti e sottoprodotti dell’industria agroalimentare, e portare alla produzione di molecole ad alto valore aggiunto. Vogliamo investire le nostre competenze e la nostra passione per cambiare il punto di vista: dagli scarti inventiamo valore aggiunto.

La regione Emilia-Romagna è sede di grandi aziende specializzate nelle colture cerealicole ed ortofrutticole, con una produzione nel 2017 pari a circa 2 milioni di tonnellate per i prodotti cerealicoli e di circa 4 milioni di tonnellate per il settore ortofrutticolo (Il sistema agro-alimentare dell’Emilia-Romagna. Rapporto 2017). Di conseguenza, l’industria della trasformazione si vede costretta alla gestione di elevate quantità di scarti, che possono arrivare a circa il 23-27 % dell’output di un impianto di trasformazione di cereali, e variare tra il 2-36 % a seconda della materia prima per il settore ortofrutticolo, determinando un notevole incremento dei costi. Questi scarti sono rappresentati dalle frazioni esterne del cereale e da bucce, semi e materiale fibroso per quanto riguarda l’ortofrutticolo, che possono essere destinati all’alimentazione animale, secondo le normative previste nel Dlgs. 360/99 . Sebbene queste frazioni abbiano ancora un elevato valore nutrizionale, il loro impiego come ingredienti in alcune preparazioni alimentari può avere un impatto negativo sulle caratteristiche sensoriali e qualitative del prodotto finito. La fermentazione lattica può migliorare gli aspetti qualitativi di questi prodotti:1) mediante la formulazione di un nuovo prodotto con il totale recupero della matrice scartata (zero waste) e 2) attraverso l’uso degli scarti come substrato per la produzione di ingredienti ad alto valore aggiunto.

Il progetto FERVeRE mira al miglioramento della sostenibilità ed alla competitività delle industrie agro-alimentari, convertendo sottoprodotti e scarti derivanti dal processo in risorse di maggior valore attraverso l’impiego della fermentazione lattica. Finora, la fermentazione è stata utilizzata come strumento di trasformazione di alcune materie prime in prodotti di maggior valore economico e con diverse caratteristiche organolettiche (pane, vino, formaggio, etc.). L’innovazione del progetto è quella di applicare una tecnica tradizionale come la fermentazione a sottoprodotti e scarti del settore primario del territorio, che usualmente non vengono utilizzati per il consumo alimentare umano, dandogli un nuovo valore. Il progetto FERVeRE mira ad ottenere, per i sottoprodotti di origine vegetale, l’aumento di composti benefici per la salute con il contemporaneo abbattimento di composti anti-nutrienti, insieme ad un miglioramento del profilo sensoriale. Per quanto riguarda gli scarti agroalimentari, invece, è possibile utilizzarli come substrato per la crescita di microrganismi che possiedono la capacità di produrre molecole e composti di origine naturale, che suscitano grande interesse nell’industria alimentare, farmaceutica, chimica. Grazie allo studio approfondito di diversi batteri lattici e alla loro elevata biodiversità, è possibile selezionare i microrganismi più adatti a queste fermentazioni innovative. I nuovi prodotti, risultanti da questo processo, possono rientrare nella filiera agroalimentare con caratteristiche diverse, acquisendo nuovo valore sia in termini economici che nutrizionali, promuovendo uno stile di vita più sano e un sistema di economia circolare.